Per quelli della mia generazione, Ivan Graziani è stato colui che ci ha accompagnati dai fottutissimi anni di malinconia dell’adolescenza fino all’ università, le strimpellate alla chitarra, gli amori e le libere uscite fra le nebbie dell’inverno dopo i compiti della scuola. Ma anche nei giorni in cui non avevi voglia di uscire, lui pareva capirti “ se la mia chitarra piange dolcemente/ stasera non è sera/ di vedere gente”. E ti sentivi meno solo
Era un artista atipico, decisamente avanti rispetto ai cantautori del momento e finalmente apolitico. Un vero rocker .
Le Marche nella loro paciosità provinciale avevano di questi ribollii a metà fra il rivoluzionario con la sciarpa rossa e la Vespa sempre pronta sotto casa al primo sole in riva al mare . Era questa la nostra libertà: fra l’Appennino e l’Adriatico , sempre lì, come segugi, ad annusare il vento.
Agnese dolce Agnese, Lugano addio, Pigro e partiva l’accordo. In circolo nelle spiagge del Trave di Portonovo cantavamo le sue note guardandoci negli occhi, speranzosi di nulla che non fosse la felicità del momento, senza pensieri se non il compito in classe e quella materia che ci era ostica, nonostante tutto, si era solo la voglia di essere futuro in qualche modo, non importa come.
Anche lui era uno dell’Adriatico, nato a Teramo ma venuto a studiare all’Accademia in Urbino dove ci si era fermato in pianta stabile e ci era poi diventato professore.
Ma divideva la sua passione fra la chitarra e la grafica , “ lei ha disegnato/ ha riempito cartelle di sogni” cantava nella sua famosa Canzone triste e doveva essere stata una bella lotta nella predominanza fra l’una e l’altra come canta in Dottor Jeckill e Mr Hide ..” anche se di giorno non lo sei / di notte assomigli a lui” , anche se era grazie alla musica che era diventato famoso e alla sua eccezionale maestria con la chitarra.
Ma delle sue canzoni adoravamo anche le parole oltre che i virtuosismi acustici, le corde tese che sembravano rompersi, ad esempio in Monna Lisa , l’idea di trasgredire per una causa giusta, propria di tutti i giovani : “ si, vorrei rubarla/ vorrei rubare quello che mi apparteneva “ . forse ci piaceva l’arte al punto da non essere nemmeno solidale con chi la protegge “ il custode si lamenta/ probabilmente vuole un’altra botta in testa “. Evvai con la chitarra. Come non sentirsene coinvolti? Personalmente avrei voluto rubare altro ancora.
Quasi tutti testi delle sue canzoni erano scritte da Ivan , anche qui bravissimo: “ che posso fare/tu che puoi fare/ se navighiamo in senso inverso in questo mare/ tu sei libeccio ed io maestrale/ sono sempre venti ma non è uguale/ e nessun porto ci vedrà mai tornare” ci si emozionava anche qui, con questi versi che erano poesia, poesia pura.
A Urbino lo si incontrava spesso, anche per chi non studiava in Accademia, ma era ancora normale vederlo far colazione al caffè Belpassi o in piazza con quegli occhialoni rossi e lo sguardo sereno di chi aveva trovato la sua via senza dubbi e ripensamenti. Lui che amava l’arte in questa città ci si trovava benissimo, perché si respira l’arte in ogni dove e anche la gente qui è tutta artista a modo suo anche senza bisogno di andare a scuola. “La scuola è una gran cosa / soprattutto se ti insegnano ad amare”.
Basta lasciarsi andare e via , sognare e avere fantasia.
Grande Ivan!
1 commento
Ho appena letto l’articolo su Ivan Graziani sul vostro sito e devo dire che è davvero ben scritto e appassionante. La vostra descrizione del disegno di cantare di Graziani è accurata e coinvolgente, e ho apprezzato particolarmente il modo in cui avete evidenziato l’importanza della sua musica nell’immaginario collettivo italiano. Continuate così, il vostro sito è una risorsa preziosa per gli appassionati di musica come me. Grazie per condividere il vostro amore per l’arte con il resto del mondo! Becky Gomez