Non credo che Cecco D’Ascoli sia un personaggio di secondo piano, credo che invece sia stato messo in disparte per volere della Chiesa, dato che professava una disciplina da sempre sospetta per gli uomini di fede cristiana, o comunque tenuta molto sotto controllo.
Nato nel Trecento ad Ancarano, un paese sotto la giurisdizione di Ascoli Piceno , Cecco D’Ascoli da sempre si interessa di astri, studia dai monaci di Ascoli , nel Monastero di Santa Croce, dove ci si ispira alla dottrina dei templari, poi va a Firenze e Napoli , infine insegna astronomia alla facoltà di medicina di Bologna, ed è così ammirato dagli studenti e dai colleghi che quando il potere politico religioso cerca di farlo destituire e multarlo con una grossa ammenda , si arriva ad una sorta sollevazione da parte dell’ateneo al punto tale che sono costretti a riammetterlo in cattedra con tanto di scuse e promozione. Non deve essere stata facile la vita di Cecco, per i tempi che correvano, ma diciamo che se l’è andata coraggiosamente anche a cercare: egli seguitava ad asserire che tutto ciò che accade nella vita è ascrivibile ad una determinazione astrale. C’è da chiedersi se fosse in grado di leggere il suo destino, o se in qualche modo lo sapesse al punto da sfidarlo. Siamo nel rigido e fanatico Medioevo e Cecco parla di natura e conoscenza, di un alter Deus di sapore gnostico, di un angelo caduto dal cielo che quasi assomiglia al demiurgo di Sofia e agli arconti, in parte si rifà ad un ellenismo cristiano caro alla patrologia greca del I e II secolo d.C., dove la cosmologia veniva studiata sulle orme di Qumran e delle dottrine di origine orientale. Troppo avanti forse. Fosse nato un secolo dopo si sarebbe associato a Marsilio Ficino e a Pico della Mirandola e a tutta la schiera di grecisti trasportati dal cardinal Bessarione e da Gemisto Pletone che apriva il Rinascimento. Troppo presto , come Giordano Bruno è arrivato troppo tardi.
Cecco D’Ascoli , in sintesi , cercava formule in grado di piegare il demonio attraverso lo studio delle stelle, la zoologia e la botanica, attraverso cioè la scienza e la conoscenza, e proprio per questo venne posto in osservazione permanente dalla Chiesa sempre a caccia di eretici da condannare e mettere allo spiedo. Un sorvegliato politico, insomma, come ce ne sono sempre stati nel corso dei secoli, specie quando si è avversi al potere del tempo.
Dopo Bologna tornò a Firenze , dove diventò medico di corte del figlio del re Roberto d’Angiò, Carlo, duca di Calabria. Purtroppo questo incarico non durò a lungo : una congiura ordita da tre uomini a lui avversi e probabilmente invidiosi della sua posizione , riuscirono ad incastrarlo, ottenendo la condanna al rogo. Mentre veniva arso vivo davanti alla basilica di Santa Croce pare abbia urlato: “ L’ho detto, l’ho insegnato, lo credo! ” .
Come antesignano , appunto, come uomo estremamente convinto della superiorità della natura rispetto al piegarsi di essa al volere ( o l’ego) dell’uomo, polemizza persino con Dante e la sua Divina Commedia che giudica profondamente antiscientifica. Nel suo testo più noto, l Acerba , ( Acerba etas, la vita acerba) egli spazia in molti campi dello scibile: dall’astronomia alle scienze naturali, dalla mineralogia alla medicina e alla zoologia , nonché da concetti filosofici profondamente etici. Molto affezionato alle sue Marche nonostante i suoi trascorsi lontano dalla sua terra, compone questi celebri e nostalgici versi:
O bel paese colli dolci colli/ perché nol conosceste, o gente acerbe/ colli atti vari, invidiosi e folli?
Io pur ti piango, dolce mio paese/ ch’io non so che nel mondo ti conserbe/ e contro Dio facendo tante offese.
Ad Ascoli Piceno si trova una statua a lui dedicata, realizzata nel 1919 dallo scultore fiorentino Edoardo Camilli, su commissione di ascolani emigrati in America
A suo nome esiste anche una fondazione , nata nel 1987, molto attiva culturalmente. Nel 2004 è stato realizzato anche un lungometraggio a lui dedicato: L’eretico, protagonista il bravo Remo Girone e Tobias Moretti.