Gastone Pietrucci da più di 50 anni dedica la sua vita a conoscere e far conoscere le tradizioni popolari canore delle nostre terre.
Un impegno fatto più di passione o più di lavoro di studio? “Sono entrambe forti, ma senz’altro viene prima il lavoro scientifico di ricerca, che mi ha dato modo di trovare materiale da salvare, per non perdere del tutto un mondo ora scomparso. Un mondo incredibile che ho recuperato attraverso la memoria di altri, persone che io chiamo alberi del canto, che mi hanno aperto porte e casa. Mi sono accostato a queste sapienze con umiltà e rispetto, con correttezza e amore.”
Parla con gratitudine e con ammirazione di chi gli ha permesso di esplorare il mondo contadino: “Esistono tante cose che non conosciamo nelle nostre campagne, un mondo intero di grandi donne e grandi uomini. Dovremmo insegnare le loro cantate e gli stornelli nelle scuole ai bambini che sanno apprezzare i canti autentici delle nostre terre”.
E i giovani si accostano alla musica popolare? “I giovani hanno bisogno di modelli autentici. La scintilla che ha generato in me curiosità e desiderio di approfondire la conoscenza del mondo delle tradizioni contadine è scattata quando, da giovane, ho assistito allo spettacolo Bella Ciao nei primi anni ‘60 a Spoleto. Il mio impegno è cominciato da lì, dei canti forti e veri di Giovanna Marini e di tanti altri del Nuovo Canzoniere Italiano. Anche oggi i giovani si avvicinano a proposte credibili e autentiche. Alcuni di quelli che assistono ai nostri spettacoli poi decidono di imparare a suonare l’organetto e gli altri strumenti popolari. Oggi però la gioventù è spesso frastornata e deviata da modelli artificiali, costruiti. La falsificazione dei gruppi folkloristici mi dà fastidio e mi offende, i loro costumi sono falsi, artificiali: in realtà i contadini cantavano o con i panni da lavoro o con quelli della festa, che erano austeri, non indossavano mai leziosi nastri e camice dai colori sgargianti. La tradizione è sudore e pianto, a volte gioia , ma mai una cartolina falsa.”
La Macina, il gruppo fondato da Gastone Pietrucci, ha al suo attivo numerosi album e testi e il volume Cultura Popolare Marchigiana. Roberto Leydi, fondatore dell’etnomusicologia scientifica, sostenne che se in tutte le regioni ci fosse stata una realtà come La Macina non sarebbe andato perso un ricchissimo patrimonio culturale rurale.
Come continua il suo impegno? “Con La Macina siamo presenti sul territorio con appuntamenti fissi, la Pasquella, il Nostro Sanremo, lo Scacciamarzo, la Passione, il Cantamaggio, il Folk Festival. E continua il lavoro di ricerca e documentazione del Centro di Tradizioni Popolari, oltre alle varie manifestazioni che organizziamo o in cui siamo chiamati, che sono segnalate sul nostro sito.”
Un grazie forte e sincero a uno studioso così prezioso per la nostra terra.
Carla Virili