Sulle colline del piccolo territorio comunale di Arcevia, tra gli Appennini Umbro-Marchigiani e il mare Adriatico, sorgono, accanto alle tracce di altre fortificazioni oggi non più facilmente riconoscibili, ben nove castelli di impianto tre-quattrocentesco che conservano ancora tutto il loro fascino di mura difensive, porte, torrioni e chiese oltre a custodire affreschi ed opere d’arte di notevole importanza. Il tempo sembra essersi fermato, nel silenzio appartato di questi piccolissimi e antichi borghi che recano tracce così importanti del passato della penisola raccolte attorno a questa deliziosa cittadina in provincia di Ancona. I Castelli di Arcevia sono tutti inseriti all’interno di belle mura tre/quattrocentesche ancora intatte nella tipologia. Le frazioni in cui si trovano, sono dei piccoli centri abitati di grande importanza storico-artistica, che accrescono la notorietà di Arcevia…per tanto meritano di essere visitati uno per uno: Nidastore, Loretello, San Pietro in Musio, Montale, Avacelli, Piticchio, Palazzo, Caudino e Castiglioni. La conformazione del paesaggio rende ogni località particolarmente adatta per passeggiate ed escursioni, anche in mountain-bike. II Monte della Croce ed il Monte Sant’Angelo sono solcati da suggestivi sentieri facilmente percorribili.
Mentre per i romani la parola castrum designò l’accampamento fortificato dai legionari, nel corso dei secoli, e in particolare intorno al mille, castrum assunse il valore di castello o fortezza. Inizialmente in legno le fortificazioni furono poi costruite in laterizio dagli splendidi e naturali colori che si inseriscono e sfumano armoniosamente nei panorami incantevoli delle colline che sormontano. Castellum , il diminutivo di castrum, nel senso di fortezza e campo munito, indicava anche un gruppo di case, o borgo, circondati da mura e in gran parte situati su un’altura o roccia a picco di difficile accesso, ed aveva anche il significato di rifugio, o luogo predisposto per nascondersi.
La valle del Misa fu nei secoli terra di passaggio e di scorrerie e contese cosi la nostra bella Italia, che di castelli e rocche ha visto un gran fiorire dal medioevo al rinascimento, tanto da recarne ancora ricchissime manifestazioni, mostra proprio qui nel territorio marchigiano e nel piccolo fazzoletto del comune di Arcevia un primato di copiosi e splendidi esempi di irti torrioni, viuzze contorte, rigorosi portali e massicci archi e di mura imponenti e camminamenti a guardia degli antichi borghi.
Arrivando dalla Strada Provinciale 360 Arceviese, dopo aver superato la piana di Serra de Conti si inizia a salire ed a scoprire i primi due dei nove castelli di origine medioevale che si possono ammirare nel territorio di Arcevia.
Alla sommità di un poggio circolare di 280 mt di altitudine si incontra il Castello di Montale, della cui fortificazione ancora sono evidenti le possenti mura di cinta e il camminamento di ronda e di cui si ha notizia per la prima volta nel 1223 come possesso del Vescovo di Senigallia: Fu distrutta prima nel 1250 e poi nel 1280 da Rocca Contrada per la conquista dell’importante avamposto. La torre di guardia fu riutilizzata dopo il 1830 per la riedificazione del campanile della chiesa di San Silvestro.
Accanto al primo e ancora su un poggio, a sette chilometri da Arcevia e a 375 metri di altezza, sorge il Castello di Piticchio. Nominato anch’esso nel 1223 tra i possedimenti del Vescovo di Senigallia, fu più volte distrutto e sottomesso da Rocca Contrada alla fine del 200. Il castello mostra ora l’impianto restaurato tipicamente quattrocentesco, prevalentemente in laterizio, imperniato sulle mura di cinta e sul camminamento dall’ampia scarpa. Qui la chiesa di San Sebastiano conserva 3 tele e due tavolette rappresentative di Ercole Ramazzani, su un dossale ligneo intagliato e dorato del XVI secolo.
Arroccato alle pendici del monte Caudino, nell’alta valle del torrente Fenella, a 516 m. di altitudine e con una struttura urbanistica singolare che si sviluppa lungo le pendici del monte, si trova Palazzo: castello, o meglio, paese murato, costruito nella seconda metà del 300 da Rocca Contrada a seguito dell’abbandono delle due fortificazioni signorili di Sassellero e Sterleto. Scrive Paolo Santini nel suo libro “ARCEVIA Itinerario nella Storia e nell’Arte” che la località è ricordata in un atto di donazione fatto nel 1130 da Dago del fu Guglielmo, longobardo, all’eremo di S.Croce di Fonte Avellana, di sue proprietà site anche “in fundo Palazolo” con tutto ciò che contengono. Nel Medioevo era compresa tra i possedimenti degli arcivescovi di Ravenna nella Massa di Sorbetole, contesa dai vescovi di Senigallia e Fossombrone. Passata sul finire del XIII sec. sotto il dominio di Arcevia, come del resto tutto il territorio della ex Massa a seguito della vittoriosa guerra condotta contro la città di Fossombrone, ne segui le vicende storiche.
Dotato di possenti tratti di mura in pietra e cotto e di due porte d’ingresso – di cui una ancora bella porta quattrocentesca – Palazzo d’Arcevia, come un presepe, mostra un grumo di vicoli e antiche case fortificate abbarbicate sulle pendici del monte caudino che mantengono quasi intatta l’antica struttura medioevale e tutto il loro fascino attraverso i secoli. Qui si possono ammirare l’imponente costruzione tardobarocca della chiesa dei Santi Settimio e Stefano (della prima metà del sec XVIII)- attribuita ad un’esponente della famiglia di architetti Vici, originari di Palazzo – e l’Oratorio privato di San Venanzio (1751-‘59) eretto su progetto di Arcangelo Vici, coi begli affreschi all’ interno. Cosi scrive di Palazzo, affascinante immagine della nostra antica e preziosa memoria storica e architettonica da salvare, il prof. Angelo Verdini nel 2010:
“Di pane, di poesia” – Incontro con il gruppo “I poeti dell’eremo”
DICHIARAZIONE DI PRINCIPIO
Palazzo si merita la poesia
perché Palazzo è capace di corrispondere
agli stati dello sguardo di chi l’ammira,
perché chi guarda Palazzo
ci ritrova lo specchio di tutte le sfumature del proprio sentire.
Basta posizionarsi sulla strada di fronte,
quella che viene da Arcevia,
e subito Palazzo appare ben piantato nella roccia
solido, indistruttibile, resistente
e chi lo guarda ne riceve sicurezza, radicamento, affidabilità, fiducia.
Se chi guarda fa qualche passo avanti su quella strada
Palazzo cambia atteggiamento,
ora esso sembra felicemente aggrappato al monte su cui sorge,
chi aveva paura di perdersi non si perde più,
chi aveva paura di smarrirsi non si smarrisce più,
chi aveva paura di sprofondare non sprofonda più.
Palazzo è lì pronto a proteggere, pronto a salvare,
disponibile a interrompere i sogni angoscianti
a consolare i risvegli increduli.
Se chi guarda percorre ancora un altro pezzettino di quella strada
Palazzo all’improvviso
si libra nell’aria, perde consistenza,
si mischia solo col cielo, con le nuvole, con il vento
diventa leggero, leggerissimo, si innalza e vola nella luce
e invita chi guarda a volare con lui
a immaginare con lui, a inventare con lui.
Se chi percorre quella strada si attarda in attesa della notte
Palazzo si trasforma in un presepio
brulicante di luci e ombre, di forme e di contorni
e ti restituisce la vita intera e misteriosa
il coraggio, la felicità e la beatitudine.
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Ci aspetta ancora una bella salita per arrivare al Castello di Caudino, dove fu combattuta una memorabile battaglia fra forze Guelfe e Ghibelline per il possesso del territorio. Caudino fu edificato come Palazzo nella seconda metà del XIV secolo, inglobando le ville circostanti, a seguito della riorganizzazione insediativa , ma anche di controllo, avviata in quel periodo da Rocca Contrada sul proprio territorio. Posto ai confini del territorio arceviese verso Pergola, dipendente dalla diocesi di Nocera Umbra. Nominato per la prima volta nel 1338, è uno dei castelli più tardi di Rocca Contrada. Già baluardo importante per la difesa del territorio a ovest di Arcevia, e in vari documenti antichi ricordato anche come Colgodino e Casadino, controllava il transito verso Pergola ed il Ducato di Urbino, come scrive Paolo santini nel suo libro “ARCEVIA Itinerario nella Storia e nell’Arte”, venne fortificato ed elevato al rango di Castello agli inizi del 1400 e come tale è menzionato nel libro del camerlengo arceviese del 1407. Nel 1411 risulta occupato dalle milizie malatestiane e controllato dai soldati di Fano e presidio rafforzato con 350 fanti sotto gli ordini di Guido da Ridolfo, insieme a guastatori, muratori, falegnami e altri artefici oltre a 50 paia di buoi, per partecipare all’assedio di Rocca Contrada del 1413. Scrive Paolo Santini che il castello fu recuperato da Braccio da Montone nella seconda metà del 1416 mentre nel gennaio 1434 Rocca Contrada e tutti i suoi castelli vennero sottomessi da Francesco Sforza. Nel febbraio 1445 in occasione della distribuzione nei castelli di cavalli e soldati sforzeschi per il riposo invernale, a Caudino ne vennero assegnati rispettivamente 7 e 10, avendo in quel tempo 14 fuochi, circa 70 abitanti Con l’unità d’Italia, perse le prerogative di comune appodiato venne riconfermato ad Arcevia. Dal censimento del dicembre 1861 risulta che a Caudino centro vivevano 14 famiglie con 37 abitanti, nei suoi dintorni invece gli abitanti erano 148. Caudino, che oggi è un borgo disabitato, conserva ancora l’assetto urbanistico quattrocentesco, e parte dell’antica struttura fortificata, con ampi tratti di mura bastionati ed u il pittoresco portale d’accesso, adattatato alle nuove esigenze della viabilità, in una zona di grande fascino panoramico, su cui domina Monte Sant’Angelo. A circa un miglio dal castello sopra il monte S. Biagio esisteva anticamente un piccolo monastero con annessa chiesa abbaziale intitolata al santo vescovo e martire. Nel 1760 il card. Antonelli abate commendatario acconsentì, concorrendo alle spese, alla richiesta di costruire la nuova chiesa di S. Biagio e la parrocchiale di S. Simone, che era posta più in basso e documentata dal 1376, rispettivamente vicino e dentro il castello. Le due vecchie chiese dovevano essere distrutte ed i materiali di risulta utilizzati per le nuove. Al centro del borgo, accanto all’antica torre campanaria, sorge la chiesa, a navata unica, intitolata a S. Stefano Martire e ristrutturata nel 1766. Consacrata dal vescovo di Nocera nel 1824, custodisce sull’altare scolpito in legno, un’affresco del 1500, proveniente molto probabilmente dall’antica chiesa di S. Simone e attribuibile a G.G Pandolfi da Pesaro raffigurante la Madonna di Loreto.
Il piccolo castello di S. Pietro, il più piccolo tra i castelli di Arcevia, sorge su un poggio all’altezza di 354 m. e a breve distanza dal vicino castello di Loretello. Il castello di San Pietro in Musio, importante punto strategico per Rocca Contrada, è menzionato per la prima volta nel 1230, quando alcuni suoi abitanti fanno atto di castellania a Rocca Contrada stessa. Pressoché invariato nel suo impianto urbanistico quattrocentesco, conserva però poche tracce delle strutture murarie originarie. Rimangono la cinta muraria a scarpa in laterizio con il camminamento di ronda, senza alcun accenno a torricini e sporti.
Appena fuori le mura vi è il Santuario della Madonna di Montevago (sec. XVI), dove si conserva la bella immagine mariana affrescata da Venanzio da Camerino e Piergentile da Matelica.
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