Il 10 maggio dell’anno 1682 a Ripatransone il Marchese Filippo Brutti Liberati assistette alla prima esibizione di quello che poi fu chiamato il Cavallo di Fuoco e ne rimase tanto impressionato da lasciare una testimonianza scritta dell’evento.
Eccola: “Il maestro che lavorò i fuochi, che fu chiamato da Atri, cavalcò un cavallo, che era tutto ripieno di fuochi artificiali con il quale girò più volte la piazza buttando sempre raggi ed altre bizzarrie composte di bitume ed altre simili materie incendiarie. Pareva giusto un Plutone quando sopra un cavallo di fuoco uscì dal monte Vesuvio a rapire la figlia di Cerere”.
Ma di che si tratta? Tutto nacque dal fatto che la già allora centenaria Confraternita di San Giovanni, devota alla Madonna di Loreto, ordinò all’artista Sebastiano Sebastiani una icona della Vergine, che arrivò a Ripatransone la Domenica in Albis del 1620, dopo aver costellato il cammino di prodigi. I prodigi si ripetevano e così l’adorazione dei fedeli si consolidò nel tempo, fino a che nel 1681 fu concessa alla sacra immagine la Corona Aurea da parte del Capitolo di San Pietro e la celebrazione solenne di questo evento avvenne proprio nell’Ottava di Pasqua dell’anno successivo. La festa, come tutte le feste popolari che si rispettino, prevedeva oltre alle cerimonie religiose anche l’allestimento di fuochi e il fuochista improvvisò uno spettacolo pirotecnico correndo in sella al suo cavallo. La cosa piacque tanto che da quella volta ogni anno la manifestazione viene immancabilmente ripetuta nell’Ottava di Pasqua, la Domenica in Albis, vale a dire la prima domenica dopo la Pasqua (l’unica sospensione si è avuta durante la seconda guerra mondiale).
Alcune testimonianze riportano che per una ventina di anni fu un cavallo vero, un animale vivo, a portare i fuochi, ma nel tempo la struttura subì trasformazioni fino a divenire l’attuale impalcatura di lamiera a forma equina, che pesa più di due quintali, è lunga tre metri ed è alta due e mezzo. Gli artificieri la coprono di fuochi fatti da fontane, girandole, batterie di scoppi, di bombette colorate. La mattina viene condotta sul sagrato della cattedrale per la benedizione vescovile e dopo il tramonto, appena vengono spente tutte le luci, il cavallo viene acceso e spinto per più di mezz’ora, scoppiettante infuocato, per il corso tra le due piazze e tra la folla che inonda il centro del paese, incurante delle scintille sprigionate. Uno spettacolo imperdibile che coinvolge, emoziona e affascina. E’ una grande attrattiva che richiama tantissima gente da vicino e da lontano. Da più di 300 anni. Oggi come allora.