le mie Marche

Intervista a Luigi Gallo, un direttore magnifico

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A Urbino, la mia città ideale da sempre, un luogo dove ho trascorso la mia giovinezza e scoperto la bellezza del vivere attorniati dall’arte senza essere soffocati dai turisti come a Venezia o a Roma, con un pari livello culturale ma immersi in un paesaggio che è rimasto sempre lo stesso sin dal Rinascimento. Da qualche tempo  mi chiedevo , dopo la scomparsa di Carlo Bo, rettore dell’Università locale  per più di cinquant’anni, e una breve parentesi di Vittorio Sgarbi come assessore, chi potesse in qualche modo prenderne idealmente le redini. La città,  del resto,  ha sempre avuto un duca.  Questo luogo  arcadico, dove si erano vagheggiati gli stereotipi del perfetto cortigiano , del bello ideale, un topos culturale dove si erano raccolti i più begl’ ingegni nel corso dei secoli ha avuto sempre bisogno di un condottiere.  Ecco perchè ho pensato di intervistare Luigi Gallo, l’instancabile direttore della Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, e di tanti altri musei sparsi per il territorio regionale. Ci accoglie amabilmente nel suo bell’ ufficio all’interno del Palazzo Ducale,  circondato da opere di Claudio Ridolfi

 Lorenza Cappanera : una corte piccola ma sempre ancora attenta che emozione le da? Che sensazione le da?
Luigi Gallo: un’emozione enorme. Io ricordo benissimo il giorno in cui ho ricevuto la nomina,  quattro anni fa:  mi sono sentito onoratissimo di essere stato scelto per guidare Urbino e i musei nazionali delle Marche. Le Marche sono una terra straordinaria ricca di cultura, e quindi il sentimento che ho provato è stato un enorme senso di fierezza e nello stesso tempo la necessità di farmi accettare in un ambiente a cui speravo e spero di poter dare voce e ad interpretare le esigenze di questa regione, di questo territorio, di queste città. Lungo questi quattro anni ho avvertito la necessità di farmi interprete della grandissima storia di questa terra. Spero di essere stato adeguato e che il lavoro prosegua con la necessaria attenzione che una terra ricca di cultura come questa merita.
Lorenza :  com’è il passaggio dalla metropoli al Ducato?

 

Gallo : confesso che è stato un passaggio reso molto complesso dal fatto che  ho preso servizio in pieno Covid, quindi ricordo quel momento come un momento di panico nazionale: zone rosse, zone bianche, zone gialle. Avevo l’impressione di vivere in una bolla, ma aldilà di questo io mi sento estremamente onorato di questo incarico. Confesso che talvolta mi mancano un po’ i semafori! Perché sono nato cittadino, ma mi mancano sempre meno. Ho imparato in questi anni ad apprezzare come un dono che mi ha fatto il destino, il silenzio di Urbino, il canto della civetta che si sente la sera, io abito qua davanti in via Puccinotti e si sente questo canto, in questa piazza metafisica. Ho imparato quindi un’altra bellezza e quanto questa bellezza nutra e ci faccia sentire più in contatto con la storia e certamente meno soli.

 

Lorenza : e secondo me infatti la presenza di Federico si avverte sempre e comunque non so perché.

 

Gallo: beh,  perché c’è scritto dappertutto: Federico Conte, Federico Duca! Anche volendo ignorarlo non è facilissimo. Ma ci sono tante voci ad Urbino, non c’è solo Federico, ci sono voci di studiosi, le voci dei Duchi Della Rovere, soprattutto di Francesco Maria II che io amo molto. Una figura che mi ha affascinato. Ci sono tante voci e l’incarico è quello di far parlare tutti. Tra dieci giorni (il 18 luglio c.a.) apriremo una mostra su Paolo Volponi che è un’altra delle voci di Urbino, venti giorni fa abbiamo aperto una mostra importante su Federico Barocci, la prima fatta nella sua città natale. Io sto cercando di far “parlare” tante persone.

Lorenza: bellissimo questo coro a più voci. Effettivamente la cosa che mi ha incuriosito è che lei ha posto in luce le opere di un artista come il Barocci che da Urbino sostanzialmente non se n’è mai andato via. E’ stato per un breve periodo a Roma e poi trentenne è tornato ad Urbino.

Gallo: ma molto prima in realtà. E’ stato solo due anni a Roma.

Lorenza:….. di contro un Volponi che quando scrive “La strada per Roma” afferma  che l’unica maniera per evolvere è andarsene da Urbino, Io mi ricordo lessi tanti anni fa questo libro, un libro di formazione insomma…..

 

Gallo:….. bisogna andare via da Urbino, come bisogna poi ritornarci, nel senso che io credo che ognuno di noi,  ovunque sia nato, io sono nato a Roma a Trastevere, deve lasciare la propria culla per capire di che cosa è fatto il mondo, quantomeno il più possibile. Io ho viaggiato tanto e vissuto fuori dall’Italia, ho attraversato il Sudamerica a piedi: forse la mia è una vorace curiosità, meno adesso perché l’età avanza, bisogna però lasciare la propria culla, magari per trovarne altre. Nella vita si fanno dei percorsi per cui ogni tanto si entra in porti nei quali magari si resta più a lungo. Credo che la vita sia una lunga ricerca di tornare a casa, l’eroe che più rappresenta secondo me il percorso di una vita è Ulisse. Bisogna viaggiare: la nostra vita è un lungo percorso per tornare a casa.

 

Lorenza: proprio  in questi giorni sto leggendo  un libro di James Hillman , ” Saggio su Pan”  dove dice che al posto della Bibbia si dovrebbe leggere l’Iliade e l’Odissea infatti………..Le volevo chiedere:  che differenza trova  tra il Museo Archeologico Nazionale delle Marche di Ancona  e la Galleria Nazionale delle Marche di Urbino. Vedo qui ad Urbino molte persone e una certa  vivacità, nonostante sia un giorno feriale. In Ancona  abito  vicino al museo Archeologico e non posso dire che sia la stessa cosa, nonostante sia un museo strepitoso…..

 

Gallo: partiamo dal presupposto che ogni luogo è una realtà a sé,  i confronti quindi non si possono fare. Io credo che il Museo archeologico di Ancona sia uno dei più bei musei archeologici d’Italia, sul quale stiamo lavorando tantissimo, in questi quattro anni ho fatto più progetti per Ancona che per Urbino. Progetti che pian piano si stanno mettendo in pratica: la sezione romana è bellissima, lo scalone in restauro è straordinario: cominceremo con grandi progetti per l’adeguamento sismico del palazzo. Ancona, del resto, è una realtà diversa da Urbino, nel senso che Urbino è una città d’arte  quindi chi ci viene, vista la difficoltà dei trasferimenti per arrivarci, ha la sensazione di essere su un’isola. Sei consapevole di essere arrivato su un’ isola di ‘bellezza’. Ancona è diversa, è una città di media grandezza con i suoi equilibri anche interni, è pur sempre capoluogo di regione, quindi ha tante realtà. L’incarico che sto ricoprendo ad Ancona è quello di creare una vera e propria rete di musei, io sono sempre in contatto con il Comune. Mi hanno anche dato quest’ incarico onorifico di Direttore Scientifico della Pinacoteca che adesso è chiusa, ma la nostra idea è quella di presentarla come una città anche dell’arte, che sicuramente non è la  vocazione primaria di Ancona, nel senso che c’è la politica, logisticamente il porto e credo che il nostro ruolo sia quello di cercare di trasformare questa cosa. Dopodiché la logica di un museo non può essere solo quella numerica, un museo non funziona solo con il metro del numero dei visitatori. Bisogna fare il meglio e comunque l’Archeologico è il museo più visitato ad Ancona, la Pinacoteca fa meno ingressi.

 

Lorenza: io ne parlo da anconetana che è stata diversi  anni fuori, sono ritornata con il Covid e nella solitudine ho visto anche la solitudine di una città, che sembra una penisola lasciata un po’ a se stessa , tra commerci e traffici, mentre avrebbe bisogno,  secondo me,  di più richiamo. A mio parere soffre di una vera strategia  comunicativa attraverso l’arte e per questo è meno vivace,  Urbino invece  non la sento sola. Come possiamo iniziare attraverso la cultura, in primis,  a riscoprire noi ma anche a riproporre la riscoperta delle Marche attraverso i valori della cultura? Qual’ è il bandolo della matassa? Cosa dovremmo fare secondo lei che  per noi è un voce importante….

 

Gallo: io penso che le Marche già dal nome si identifichino al plurale, quindi bisogna pensare da subito che i percorsi sono tantissimi: a volte si intersecano e si intrecciano,  a volte no. Quindi dobbiamo pensare ad un terra al plurale, una terra di città ma  città con una loro identità, con dei loro valori, delle loro strutture sociali e dei codici. Non è un caso che ogni città marchigiana abbia un teatro e si identifichi in quel teatro. Sono realtà per le quali esistono per ognuna una vera e propria identità di rappresentazione. E questo è il primo punto da prendere in considerazione: declinarla al plurale. E bisogna,  secondo me, che delle Marche  si capisca la bellezza incontaminata di questa terra, la sua  straordinaria varietà , in modo che si percepisca una ricchezza unica fatta di percorsi ed incroci. Le Marche sono una terra di frontiera, sono il confine meridionale.

Lorenza: la terra di Francesco Maria II Della Rovere.

Gallo: si, è  un personaggio che mi piace molto, l’ultimo Duca, mi affascina particolarmente.

Lorenza: e posso chiederle perché?


Gallo
: perché è la storia di un canone inverso:  un principe dell’Europa rinascimentale, della  seconda metà del Cinquecento, vincitore di Lepanto. Bello, tutti lo descrivono come bello. E dal  ritratto di Federico Barocci , che si può ammirare nella mostra, viene fuori un bellissimo giovane principe con quest’ armatura brillante e lucente.  Un personaggio di successo. E poi la storia è andata tutta da un’altra parte, lui stesso è andato da un’altra parte. E’ una persona,  come dire…. oggi definiremmo malinconica. Pian piano si ritira sempre di più, la corte era andata a Pesaro, forse più vicina in qualche modo alle rotte, in quest’ Europa che  andava cambiando. Nella seconda metà del Cinquecento questo Ducato diventa sempre più marginale e pur essendo forse ancora la corte più raffinata d’Italia, anche con le manifatture più richieste, le maioliche, le sete, le carte sono ancora gli oggetti dell’élite, lui lascia Pesaro e si trasferisce all’interno del Ducato, sempre più verso le montagne, attratto dalla caccia, dai libri, da questa corte raffinatissima nella quale si forma  Torquato Tasso. Questo mondo che applica questa fuga mundi, come spazio di crescita individuale, dove l’interesse per il mondo è fatto di un distacco dalla vita pratica. Mi affascina questo principe che poi è obbligato a tornare al potere quando il figlio muore, a firmare addirittura lui la devoluzione dello Stato al Papato.  E’ il vincitore di Lepanto che sa che deve devolvere il suo Stato, e quindi questa traiettoria luminosa che quasi va nell’altro senso della storia, mi affascina molto.

Lorenza:  così è la vita.

Gallo: per alcuni si.

Lorenza: mi aveva colpito perché a me piace invece la figura vincente di questo Ducato:  Federico da Montefeltro. Quando ero studentessa e ne leggevo la biografia ne ero completamente innamorata. Me lo sarei sposato!

Gallo: beh….. Federico è il primo e Francesco Maria è l’ultimo:  quindi c’è questo arco temporale che è l’arco del Rinascimento. E’ un periodo che disegna un arco storico: quindi questa figura finale la trovo struggente, molto romantica, ma io sono molto romantico.

Lorenza: lo sono anch’io, adoro il romanticismo. Questo però è forse più decadentismo che romanticismo.

Gallo: serve anche la fine delle cose per dare dei nuovi inizi.

Lorenza: ecco mi basta così,  volevo sapere questo. Grazie direttore per il suo magnifico lavoro.

 

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