Possiamo solo immaginarla, com’era la vita delle campagne ai primi del Novecento. Ma per quanto ci proviamo, non credo riusciremmo mai davvero ad avere un ‘idea chiara di quell’ epoca asfittica e immobile, senza possibilità di riscatto.
Era così per tanti coloni delle Marche, i cosiddetti mezzadri, così poveri da non trovare nemmeno la forza per andarsene e dove poi se non c’era nessuno che ti palesasse un ‘alternativa, si rischiava di finire pure peggio e al peggio spesso non c’è mai fine. Per i coniugi Goretti di Corinaldo, Luigi e Assunta e i loro cinque figli, tra cui la primogenita Maria, si era aperta una porta: emigrare nell’Agro Pontino, nei pressi di Roma.
Strano che nessuno fece loro presente che queste aree da sempre infestate dalla malaria per via dei terreni bassi e paludosi , così diversi in forma e colore dalle colline marchigiane, mietevano molte vittime sia tra gli umani che gli animali, non era raro incontrare corpi stramazzati a terra lungo le strade e i canali di scolo, che nessuno si prendeva la briga di riesumare.
Alle carrozze di transito da quelle parti pare venisse consigliato di serrare i finestrini anche in estate, con il caldo torrido e zero ventilazione possiamo pensare quale strazio dovesse essere il viaggio tra Firenze e Roma, da sempre una delle tappe rinomate del Gran Tour.
Nella città eterna in occasione della festa di San Giovanni nella basilica di San Giovanni in Laterano si cospargeva il suolo di fiori e caryophilla – chiodi di garofano – i quali tenuti in bocca pare venissero illusoriamente usati per proteggersi dalla mal’aria che infestava i territori alle porte della città.
La zanzara Anopheles colpiva in estate, verso sera , e chi veniva punto si spegneva lentamente, con poche speranze di sopravvivere.
Dunque perché trasferirsi?
Eppure, anche la famiglia Serenelli di Paterno di Ancona, un piccolo paese alle porte della città adriatica, ebbe l’idea di spostarsi nella infestante campagna romana, finendo per vivere in un grande cascinale assieme ai Goretti ai quali nel frattempo era mancato Luigi, il capostipite.
Maria era la più grande e aveva il compito di badare alla casa e ai fratelli. Un impegno che spesso si affidava alle figlie maggiori.
Mi viene da pensare a mio nonno in quegli stessi anni, anche lui figlio di poveri contadini di Paterno, nato sette anni prima di Alessandro, rimasto ben presto senza padre mutò la rotta andando a stabilirsi in Ancona , imparò a rilegare i libri e aprì una bottega assieme a suo fratello e infine divenne tipografo. A forza di maneggiare libri cominciò a leggerli, stampando carta cominciò a produrre volantini e giornali, l’epoca dei moti anarchici che imperversavano sulla costa dalle Marche alla Romagna lo avvicinò alla politica. Erano i tempi in cui le maggiori concentrazioni di ricchezze si contavano tra i preti e i nobili e per cause avverse e inconciliabili nonostante contasse parenti nella Chiesa lui se ne allontanò al punto da diventare anticlericale e senza Dio.
Nella foto: la casa dove visse Maria Goretti nell’Agro Pontino
Destini differenti di gente di pari condizioni economiche.
A questo punto la strategia narrativa cambia, forze uguali e contrarie si frappongono e scatta la diversità nella visione prospettica del racconto, che vede una bambina di appena dodici anni essere dichiarata santa per una violenza efferata inferta dal suo vicino di casa di appena vent’anni ,tal Alessandro Serenelli, il quale a causa del suo fermo diniego pensò bene di colpirla insistentemente e mortalmente con un punteruolo. Non ci stava, in poche parole.
– Mi ricorda Turetta e i suoi settantacinque colpi inferti sulla povera Giulia Cecchettin. Solo quest’ultimo anno sono state più di cento le donne assassinate per mano dell’uomo. La mattanza continua.-
Quanto alla povera Marietta per anni, insomma , l’ho saputa così: alla Chiesa faceva comodo che diventasse Beata perché si puntasse l’attenzione sull’Agro Romano e i tentativi di bonifica da parte del Duce, personaggio che inizialmente in quanto socialista mio nonno conosceva benissimo, come del resto le sue grandi doti di affabulatore.
Mentre si pensò alla sua canonizzazione subito dopo la guerra , in quanto l’avvento degli americani aveva portato anche una maggiore tolleranza dei costumi.
Per farla breve io a Maria Goretti di quel di Corinaldo non avevo mai prestato attenzione, ma del resto non ho mai compreso nemmeno le lievitazioni di Santa Teresa d’Avila a dirla tutta, mentre ammiravo beatamente la scultura del Bernini nella chiesa di Santa Vittoria a Roma, per non parlare dei digiuni di Caterina da Siena. Allevata a pane e realismo sin da bambina, evitavo come molti le inafferrabili congetture teologiche , affidandomi alla sana praticità della vita quotidiana, mettendo da parte santi miti e leggende , talmente intrisi di contraddizioni che spesso risuonano come dei veri misteri.
Ma con il tempo le maschere cadono e la mia è rotolata tutta in una volta, così che la mitezza e la ferocia al tempo stesso di questa storia mi ha condotto fuori binario e sono ancora a cercarla in mezzo alle radure attorno alle rotaie mentre mi domando se è quando l’ho persa che mi son ritrovata e se in ogni cosa non vi sia sempre riconoscibile, in fondo, il germe del suo contrario.
L’orrore ha sopraffatto l’indifferenza. Sento le grida di Maria che viene squarciata nella pancia.
Lei che seguita a negarsi mentre quel pazzo seguita a colpirla. Dove ha trovato quella forza? Una bambina scarna, ossuta e ultraterrena , sintesi inedita per i suoi anni di eternità e mortalità, scandire sillabe di una terrificante grandezza: “ Dio non vuole”. Cosa ne sa di Dio una bambina? E dov’è Dio in tutto questo?
Quanti colpi le ha inferto l’idiota prima di fermarsi del tutto?
Bastava molto meno forse, perchè si salvasse la vita. Bastava. Bastava. Bastava. E non l’ha fatto.
“ Non è la morte che fa i martiri – afferma Sant’Agostino – ma la loro volontà di morire.”
Io non so se avesse voglia di morire, so che non poteva fare altro. E così ha fatto.
Cosi piccola, eppure così grande.
Le spoglie di Maria Goretti , eccezionalmente per il Giubileo 2025 , saranno ospitate nel Santuario Diocesano di Corinaldo dal 27 gennaio al 2 febbraio. Un’occasione da non perdere, a mio avviso, per tutti coloro che credono nella grandezza di questa dolcissima e infinitissima martire.