Il sud delle Marche ai primi del Novecento dà i natali a un discreto numero di artisti che diventeranno importanti nel panorama italiano dell’arte moderna in generale. Si muovono tutti in un contesto provinciale, ai margini di una società che pulsa e parla di riscatto sociale, di nuovi valori , di élan vital. Penso alla scultura di Pericle Fazzini nella sala Nervi al Vaticano, quell’ inerpicarsi dell’ esistenza che ramifica e intesse nuove relazioni, anche con Dio, nuove forme appaiono e si manifestano nei dipinti e nelle sculture di questi artisti : sono opere dinamiche anche nella loro rappresentazione di piccoli oggetti, come le conchiglie di Licini, per non parlare delle colline di Pericoli, tratteggiate da linee e punti , frammenti di terra che sembra pulsare e muoversi dentro lo spazio ristretto del quadro. Pittura e scultura nata dalla rottura dei valori ottocenteschi, voce del popolo al popolo. Tra questi s’ inserisce anche la pittura di Giacomo Pomili detto anche “ Il Tarpato” le cui opere si possono ammirare nello splendido borgo di Grottammare alta, detto anche “ il vecchio incasato”.
Vale la pena una visita perché davvero la luce di questo posto è suggestiva e particolare, specie al mattino, quando il sole brilla sul mare e riflette i suoi raggi sulla costa.
Senza contare le osterie tipiche che sono rimaste nello stile di cento anni fa e davvero si fa un salto nella storia dei luoghi e del contesto in cui questi artisti sono nati.
Il Tarpato è un sognatore nel senso bello del termine. A vederli i suoi quadri danno l’ idea di luoghi felici e giocosi, pullulano di bambini e colori, treni e rotaie e barche, mari azzurri e spiagge e litorali con case con i fiori. La sua vita giocosa però non lo era affatto; si era trovato quel soprannome probabile perché non riusciva a volare, nel senso di smarcarsi dai quei luoghi, staccarsene.
Un rapporto particolare con gli abitanti del paese che lo vedevano strano e alla fine sceglie come amico vero proprio un cane, un lupo, forse anche lui un po’ allontanato da tutti. Diventa anche un soggetto che si ritrova spesso nei suoi quadri, e’ li che prende il volo, mentre dipinge, e farà volare anche l’ infermiera che lo ha curato nel sanatorio di Ascoli Piceno, tutto si eleva per non morire sulla terra, non arretrare su questo piano fisico che banalizza ogni cosa che tocca e trova.
Alla fine la pars construens prende forma. Racconta del luogo e della sua storia come quella della bella Esmeralda, la figlia del campanaro, rapita dai macedoni che la vendettero al Sultano che torna accompagnata da uno stuolo di elefanti.
“ Un paese ci vuole – diceva Pavese – non fosse che per il gusto di andarsene via. “
Lui non se andrà’ mai via fisicamente ma in realtà l’ altrove se l’è già costruito e lo racconta attraverso la sua pittura, narrando storie che sono più vere della realtà letteraria.
Il Museo si apre ad una delle più suggestive vedute di Grottammare , con l’ affaccio sul mare Adriatico.