le mie Marche

L’arte della carta è ancora a Fabriano

Arte e Cultura

 

Sandro Tiberi è un artista della carta, a Fabriano. La cronaca di tutti i giorni ci parla della crisi del settore industriale della carta, soprattutto
nel comparto carta da ufficio. C’è però chi scommette sul valore aggiunto mettendo nelle
sue creazioni in carta, il design, i nuovi materiali, la creatività, per proporre un Made in Italy
apprezzato in tutto il mondo.
Sandro Tiberi è un Artista di Fabriano, esperto nella fabbricazione della carta a mano,
insegna tecnologia della carta all’Accademia delle Belle Arti di Roma. È stato Presidente
nazionale delle Arti varie di Confartigianato. Ha insegnato in centinaia di workshop nelle
principali Accademie delle Belle Arti: Venezia, Bologna, Roma, Perugia, Macerata, nelle
scuole secondarie e primarie, in associazioni culturali e a scopo di reinserimento sociale. Ha
collaborato con le principali attività museali sulla carta in Italia, è socio della Pia Università
dei cartai e socio onorario della Fondazione Fedrigoni Fabriano.


Vorrebbe creare a Fabriano una Scuola mondiale della carta per attrarre nelle Marche
studenti ed artigiani da tutto il mondo. Ce lo ha spiegato nell’intervista presso il suo
laboratorio situato nel cuore della città https://www.sandrotiberi.it .

Ti chiederei, Sandro, come sei arrivato qui, parlaci di te.
Allora …… comincio la mia carriera di cartaio nel lontano ‘85-’86 in cui entro nelle gloriose
Cartiere Miliani.

40 anni fa?

Eh sì, diciamo che è stata una folgorazione. Considera che sono diplomato in
Telecomunicazioni che con la carta non ha nulla a che vedere. Quindi è strano no? Mi sono diplomato a San Severino Marche con 58 sessantesimi. Sono sempre stato appassionato di tecnologia e questo mi ha aiutato molto, anche nel mio lavoro, perché io adesso utilizzo tantissimo le nuove tecnologie.

Quindi il tuo primo incontro con la carta?
Il mio primo incontro con la carta l’ho avuto a circa 10 anni quando mi è stato regalato un
libro che vorrei anche ristampare. Era di Aurelio Pellicanò, Le Carto Comiche, era un genio,
lo pubblicava Mondadori. Un genio veramente. Tramite Internet in Germania, sono riuscito
a trovare i suoi libri. Di cosa si trattava? Era un’ opera per bambini in cui tu ritagliavi le
marionette di carta, le coloravi. E in un altro libro c’ erano le storie. Da utilizzare per
animare queste marionette che tu avevi fatto con la carta.
Una specie di teatrino.
Dei teatrini, uno ce l’ho  ancora. Adesso ho avuto la fortuna di ritrovarlo perché sono passati
tanti anni. Questo è stato il mio primo incontro con la carta. Tant’ è vero che adesso l’ ho
ricercato, l’ ho ritrovato e vorrei fare un’edizione proprio dedicata a questo personaggio
dimenticato. Perché Aurelio Pellicanò? E’ davvero difficile trovare qualche notizia, però lui
era veramente un genio e lavorava con la carta. Detto questo, poi io ero affascinato dai
computer, benché quando sono nato non c’ erano neanche le calcolatrici. E quindi diciamo, io
ho vissuto tutto il passaggio delle prime calcolatrici. Ma quando è arrivato il computer io
sono rimasto folgorato da questa tecnologia che, anche se i cellulari di oggi sono molto più
potenti. Ecco spiegata la scelta dell’ elettronica, il fatto di studiare la radioelettronica. E poi
la vita ti porta a prendere percorsi estremissimi e nel periodo 85-86 io sono entrato alle Cartiere
Miliani. È stato per certi versi un pò  scioccante.

Perché?
Nelle Cartiere Miliani inizio a lavorare alla macchina F3, quella che hanno chiuso poco
tempo fa, una macchina continua. Quando sono entrato sono rimasto scioccato. Era un
mausoleo, non era una macchina. Era una cosa enorme che uno non si può immaginare. No,
perché si vede questa cosa enorme e il rotolo, i rumori, l’umidità, sensazioni stranissime. Ci
fanno all’ inizio un corso di due settimane in cui diversi dirigenti e tecnici ci introducono in
maniera abbastanza tecnica e questa cosa mi ha subito affascinato.

Quindi negli anni 80 c ‘era già una certa industrializzazione del processo.
Sì,  completamente. L’ industrializzazione e la carta a mano era un fiore all’ occhiello,
usata a scopo di marketing.
Al di fuori Fuori delle Miliani, quindi, esistevano delle attività complementari?
Esistevano delle attività di indotto ma non di produzione  le Cartiere Miliani era l’ unica
cartiera e successivamente in zona ne sorsero altre.
Quindi la produzione della Carta fatta a mano si era un po’  persa.
Si era persa completamente. C’ era qualche piccolo artigiano, ma con piccole attività. Anche
perché il know how era strettamente legato alla Cartiera Miliani, non c ‘è stata una fuga di
conoscenza da quel punto di vista, era molto ristretto lì. E devo dire che era anche
un’ambiente piuttosto chiuso. Non si faceva divulgazione, lo studio delle tecniche, la
formazione non esistevano all’epoca. Io sono stato forse uno dei primi a iniziare a fare corsi
di formazione quando sono uscito dalle Cartiere.


Quando è successo?
Nel ‘99, me lo ricordo molto bene, sono uscito, e ho aperto la Cartiera Artigiana in Fabriano.
Che all’inizio si chiamava Cartiera Artigiana Fabriano, poi mi telefonarono dalle Cartiere
Miliani e mi dissero che non potevo usare il nome di Fabriano perché Fabriano era un nome
identificativo di quell’azienda e quindi io ci ho messo “in Fabriano”.
Ma le Cartiere grazie al tuo impegno sono state la tua scuola di formazione.
Nella Cartiera Miliani prima ho fatto l’operaio specializzato alla macchina F3, poi sono
arrivato a fare il guardatela. All’inizio con contratto di formazione per un anno, poi invece
mi hanno assunto e ho girato un po’  tutti i ruoli, a partire dalla preparazione dell’impasto
fino al guardiarotolo per arrivare a funzioni avanzate della macchina, dove facevamo il ciclo
continuo, dopodiché è arrivata la possibilità di andare al reparto Tini e l’ ho presa al volo
perché mi piaceva molto questo discorso. Tutti pensavano che fossi matto perché mi
dicevano lì si lavora duramente. Sì, era vero, però era una cosa interessante, mi piaceva di
più e quindi a me non importava.
Forse c’era una mentalità industriale per andare verso il mercato e non c’ era molta
diversificazione per fare sperimentazione? 
Esatto, loro erano legati a questa idea. Ma questo succede sempre in un’ azienda, no? Cioè
uno si focalizza su quello che sa fare e non sperimenta, anche nei materiali. Io per esempio
sono stato il primo a utilizzare questo tipologia di feltri, che non sono feltri di lana, ma feltri
sintetici. Ho iniziato a usare il modulo di lavorazione in alluminio. Cioè ho fatto ricerca e
sviluppo, che poi è la caratteristica dei nostri antenati, perché Fabriano è famosa in tutto il
mondo. Non perché abbia inventato la carta, la carta è stata inventata in Cina e modificata
dagli Arabi. Ma noi abbiamo fatto nel tredicesimo secolo ricerca e sviluppo. Abbiamo
fatto tre invenzioni che hanno cambiato il modo di produrre la carta
Le invenzioni sono fondamentali perché la prima e la più importante è la collatura con
gelatina animale. Prima la carta non durava nel tempo, tant’è che Federico II fece un editto
per evitare l’uso della carta negli atti ufficiali.

La seconda invenzione?
È legata alla produzione. Come si preparava il pisto cioè l’ impasto? Per fare la carta
venivano presi gli stracci tagliati a pezzettini, lasciati imputridire, poi passati nella calce. E
poi a mano si veniva a pistare, quindi era un processo lunghissimo. Questo processo viene
accelerato dalle pile a maglie multiple, un mulino mosso dalla forza dell’ acqua, che
inizialmente serviva per lavorare con un solo maglio. E invece loro lo utilizzano a gruppi di
tre magli e quindi questa macchina aumenta la capacità produttiva e quindi la
commercializzazione. Tutti si mettono a fare la carta perché costava molto meno della
pergamena che, fra parentesi, era anche molto rara, perché con la pelle animale nel 1200 ci
si faceva il cuoio, quindi era rara e costosa. La carta era molto più veloce da realizzare ed era
relativamente più economica, quindi si diffonde tantissimo. Che succede? Tanti si mettono a
fare la carta a mano. E sorge il problema dell’ inquinamento acustico, perché queste
macchine erano rumorose, quindi tutta la produzione si spostava fuori le mura. C’ erano
tanti mastri cartai, però c’ era solo un mercante che vendeva la carta di tutti.
Ed ecco la terza invenzione:  la filigrana che serve per distinguere le varie produzioni e i
vari produttori, è il marchio di fabbrica. Quindi è una cosa abbastanza semplice, viene
messo un simbolo molto semplice che il mastro cartaio faceva con un filo.
All’ inizio è solamente un marchio di fabbrica perché il commerciante doveva distinguere le
varie produzioni. Questa tecnica si trasforma e diventa un modo per personalizzare la carta
per il cliente. E qui cominciano i dolori. Perché il mastro cartaio fa la carta, ma non riesce a
fare disegni complessi come per esempio dei loghi nobiliari. Quindi ci si rivolge a chi è
esperto di questo tipo di lavorazioni che è l’ orafo. Ed ecco il motivo per cui la chiamiamo
filigrana, perché non è un termine dei cartai, ma è un termine degli orafi. A Fabriano diventa
talmente sofisticata questa tecnica perché erano gli orafi a farla e quindi automaticamente
facevamo la filigrana. Se tu ci pensi, in lingua inglese si chiama watermark, segno d’ acqua e
così come in Spagna, marca de agua. Quindi noi siamo gli unici a chiamarla filigrana.

Per questa ragione qui se io ti faccio vedere delle filigrane molto complesse che mia moglie
cuce a mano e ci vuole un’ abilità particolare per raggiungere quella definizione. Non è il
campo di un mastro cartaio. Quindi ecco, queste sono le tre invenzioni. L’ innovazione ci ha
sempre seguito in tutti i campi, quindi non ci dobbiamo fermare. Una delle frasi che a me
dava più fastidio in cartiera era “Si è sempre fatto così”. E che vuol dire? Se si è fatto
sempre così, questo non significa che tu devi continuare a fare le stesse cose nella stessa
maniera, cioè si può fare anche diversamente, anche perché la ricerca va avanti, i materiali
cambiano e tu non puoi essere legato solo al passato. Devi avere un piede nel passato, ma
anche uno sguardo verso il futuro.
Sandro, chi fabbrica carta ha bisogno di un lavoratore, un artigiano, un artista, un
creativo che sperimenta in varie branche, in vari settori, in vari canali? Come si fa da
soli a incontrare il mercato?
Io sono la dimostrazione che se si è anche piccoli e soli, come nel nostro caso e però si
realizzano prodotti che non sono riconducibili a nessun’altra cosa sul mercato, si può essere
vincenti. Perché si offre qualcosa che la persona percepisce come unico.
Torniamo all’ orafo.
Che metteva la filigrana e l’arte dentro alla carta. Oggi lo fai in modi diversi, con uno studio
delle forme, delle applicazioni, dell’ evoluzione. In un certo senso siamo ritornati lì, ad un
bivio: la vuoi fare in maniera industriale, pur con tutte le variazioni che esistono, o vuoi fare
un percorso dove la la mente, la creatività abbiano ancora un valore?
Ho avuto diverse esperienze, alcune anche abbastanza negative nel corso della mia
esperienza lavorativa e professionale, quello che mi ha insegnato tutta questa esperienza
che alla fine nulla è totalmente negativo, perché apprendi delle lezioni che sono
fondamentali. Tutti fanno possono fare un’ auto, ma la Ferrari o la Rolls Royce non sono più
auto, sono status symbol.
Allora qual è il segreto? Essere in grado di farsi riconoscere quel plus di valore che non può
avere un foglio di carta. Allora nel momento in cui tu riesci a creare questa sensazione di
preziosità, di unicità, di singolarità. Questo è il tuo prodotto, questa è la tua carta, non la
trovi nella cartoleria, la puoi trovare solo qui da me. E questa filosofia accompagna sia me
che mia moglie nel creare i nostri prodotti in carta, diciamo meglio: le nostre creazioni in
carta vengono fuori da questa filosofia, cioè questa unicità, se viene riconosciuta, a quel
punto non hai più problemi di prezzo.
Pensi che ci sia ancora spazio per questo, oppure è difficile?
Insegno all’ Accademia delle Belle Arti di Roma proprio il lunedì e il martedì. Dal punto di
vista del linguaggio artistico. Perché? Ecco, questo è un aspetto non l’ abbiamo toccato, ma
che permea tutto il mio mestiere, tutto il mio lavoro, tutto quello che faccio. La carta fatta a
mano non è solo un sistema di produzione, lo è naturalmente, ma è un vero e proprio
linguaggio, cioè è il modo per fare arte. Allora se questo linguaggio tu lo trasformi, diciamo
in prodotto, ecco che quel prodotto ha un grande plus artistico all’ interno ed è qui lo
sviluppo importante. La carta fatta a mano come linguaggio artistico può essere appresa da
studenti, artisti, professori come la pittura, come la scultura, come l’ incisione. La fanno
diventare un vero e proprio linguaggio. E questo sta succedendo perché io insegno all’Accademia di Belle Arti e ti posso garantire che gli artisti quando ne scoprono le potenzialità, perché tu parti da un liquido e arrivi all’opera, non parti da un foglio, non hai dimensioni, e queste sculture che vedi qui ne sono la dimostrazione. Questi sono gli ultimi lavori che ho fatto tridimensionali. Questa è carta. Non non diresti che sia carta, ma è carta.
Allora se tu riesci a capire questo diventa un linguaggio. E qui noi possiamo diventare il centro di specializzazione per questo settore nel mondo dell’arte. E il mondo dell’arte è molto più grande che non quello tecnico.

Dovremmo essere dei monaci del mestiere.
Esatto, noi dobbiamo raggiungere un livello di coscienza per cui noi non è che nascondiamo la testa sotto la sabbia. Intorno a noi e nel mondo ci sono gravi e grandi problemi e non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia, ma non possiamo farci coinvolgere emotivamente e in maniera negativa da questi eventi. Perché altrimenti non ne usciamo. Le guerre ci sono sempre state, i disastri ci sono sempre stati. Dobbiamo invece, questo è il mio pensiero, concentrarci su quello che è la nostra competenza, ognuno nel suo, e fare il proprio meglio, cioè cercare di dare il massimo, perché l’oceano è fatto di gocce. E ognuno
deve portare la propria goccia, questo è ciò che penso. Quello che pensa l’artista.

 

Ecco, io penso questo allora:  quando facciamo le cose, le facciamo con questa filosofia.
Andiamo a vedere le opere dell’ingegno. Dalla carta fatta a mano, alla carta da parati
realizzata con il recupero della carta, alle meravigliose borse di carte e ai cappelli
delle lampade. Si,  in questo laboratorio il maestro cartaio Tiberi ha posto le basi per
far diventare la carta un linguaggio. Potrebbe essere giusta la sua previsione: perché
non fare un corso di carta fatta a mano per tutti gli artisti e designer che potrebbero
arrivare da tutto il mondo?
https://www.sandrotiberi.it

 

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