le mie Marche

Intervista a Silvia Ronchey

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Da tempo immemorabile volevo intervistarla. Il libro che me l’ ha fatta conoscere, quel suo   “ Enigma di Piero”  consigliatomi in un pomeriggio d’ inverno di qualche anno fa da una storica locale,  in un bar semideserto di uno sparuto bar di provincia della mia regione, Le Marche, mi aveva semplicemente strabiliato.

Un caso o no in quel tempo ero già assorbita dalla lettura dei testi di James Hillman,  che solo  in seguito scoprii esser stato da lei intervistato.  Cominciai così a fare uno più uno, il caso non esiste, quel mondo che tenevo  segreto per me e così al di fuori da quell’ immanente che perseguita un po’ tutti, comincio’ timidamente a svelarsi, salvo poi ritornare nei ranghi, di fronte alle mie sfuriate improvvise di un’ ovvietà’ atroce, o sei o non sei insomma e io decisamente non ero : non una storica ne’ un intellettuale, piuttosto un’ appassionata, ignorando che la passione ,  il pathos, ha provenienze ignote ed inattese, che ciò che ti fa male e non altro ,  in fondo , è proprio l’ origine di tutte le cose ed è da li’ che bisogna partire.

Alla fine sono partita.

 

La incontro a Roma, in una veste inusuale. Mi aspetta, lei e il suo assistente, il prof. Monticini, per poter andare tutti  ad una conferenza su un testo che insieme a Moreno Neri devono presentare, quel Sinesio di Cirene allievo di Ipazia che  anni prima lei ha messo in luce scrivendone un libro, e poco tempo dopo ne è stato tratto anche un film.

 

Sullo sfondo di una scalinata di un’ antica villa dal parco secolare, attendo pazientemente il mio turno così da  poter aver qualche minuto con lei e farle quelle domande che da sempre stuzzicano la mia inguaribile  curiosità.

Lorenza, adesso  ho un po’ di tempo,  mi dice.  Cominciamo allora.  Sono talmente agitata che non la ringrazio nemmeno. Parto subito con  le domande senza passare dal via.

– Come ha fatto, com’è  partita l’ idea? E’ stato come il sogno di Costantino?- le chiedo, mostrandole il suo libro che è il mio, “ L’ enigma di Piero” in una versione sgualcita e vissuta, da campo di battaglia pieno di nomi e di croci,  riferimenti a periodi e personaggi che altrimenti temo di dimenticare. Chissà poi a che mi serve.

Sorride. in quel modo tutto suo di reagire alle cose credo, a metà tra la dolcezza e la circospezione.

S.R. -Sin dagli anni dell’ Università, anzi dall’ infanzia. C’era allora una trasmissione RAI in cui in ogni puntata si chiedeva a uno scrittore di parlare del suo quadro preferito. Quando fu il turno di Paolo Volponi, un grande amico dei miei genitori, parlò della Tavola di Urbino e una  sera a cena ne riparlò con con una tale intelligenza che da quel momento in avanti La Flagellazione divenne per me uno dei quadri più interessanti e coinvolgenti della storia dell’ arte.

L.C.  – E quindi? –

S.R. –Di recente ho ritrovato un appunto, sul mio diario, in cui scrivevo : ma la Flagellazione di Urbino rappresenta la caduta di Costantinopoli? Che poi nella raffigurazione di Piero non c’è ancora stata, la caduta appunto ,  perché il dipinto mostra un Cristo-Costantinopoli alla colonna flagellato  ma non ancora crocifisso. E’ chiaro che siamo in un momento precedente. Siamo nel 1439. Abbiamo c infatti da una parte il Ponzio Pilato/ Giovanni VIII Paleologo,  così com’era stato ritratto da Pisanello nel 1439  a Firenze in occasione del Concilio da lui presenziato, e dall’ altra Bessarione, al centro della scena, come tra Oriente e Occidente, a cercare di dirigere le fila di un qualcosa che stava sfilando tra le mani. Tra i due che conversano, tra il dotto prelato e il signore di Ferrara, padrone di casa della prima fase del concilio, abbiamo un giovane raffigurato come rappresentante di Cristo in terra: potrebbe essere il futuro Basileus, e questo spiegherebbe il vestito rosso purpureo in dotazione solo agli eredi al trono perché nati nella porpora.

L.C.  – Ma quest’ angelo, questa figura centrale angelica chi è in verità? Sembra che debba comunicarci qualcosa, ancora adesso. E’ un anghelos, un messaggero? Questo me lo rende ancora attuale, inspiegabilmente… –

S.R.  – Ma si, certo, ha tratti e attributi affini a quelli di altre figure angeliche ritratte da Piero…. –

L.C.  – Sarebbe da farne un giallo, una serie su Netflix , con un seguito di colpi di scena dietro l’ altro e sarebbero veri, realmente accaduti.

S.R.  – La verità’ e’ che la realtà della storia e’ spesso molto più avvincente della finzione.-

L.C.  – Voglio dire…. mi domando come ancora nessuno glielo abbia mai chiesto.-

S.R.  – Chissà, magari ne verrebbe fuori una serie di successo. Prenda “ il nome della rosa”, se posso fare un paragone ardito: sembrava dovesse essere un divertissement, un libro di nicchia e invece cosa ne e’ venuto fuori?

L.C.  – Anche l’ Enigma di Piero e’ un giallo che pero’ racconta di fatti realmente accaduti, con personaggi veri, e tratta della nostra storia più affascinante: il Rinascimento.-

S.R.  – Bisogna ammettere che per essere un saggio ha venduto bene, in casa editrice lo hanno definito un best seller inatteso, ma perché sono inattesi? perché non si rischia. Non parlo ovviamente del mio editore, Rizzoli, che ha rischiato e lo ha pubblicato, ma di tanti altri che cercano spesso solo di andare sul sicuro. –

L.C.   – Quindi finora niente?

S.R. –No.

L.C.  – Eppure è molto attuale . Ha delle attinenze con ciò che stiamo vivendo. Un periodo da pre- caduta.

S.R.  – Viviamo in un momento così apocalittico! La verità è che la storia apre delle finestre e poi le chiude. Invece se non dimenticassimo il passato, come abbiamo fatto con Costantinopoli, magari non ripeteremmo gli stessi errori. E il futuro sarebbe migliore. –

L.C.  – Bisanzio può ancora insegnarci qualcosa? –

S.R.  – Ma certo! Se guardiamo a Bisanzio potremmo per esempio capire Putin e quello sta succedendo,  molto meglio. La terza Roma e l’ idea dell’impero che si è trasferita a Mosca. Come se approfondissimo “ Le memorie di Adriano” capiremmo perché la Yourcenar l’ ha scritto  – Adriano, pur nel pieno successo del suo impero, non ignora che Roma un giorno  finirà per tramontare – e a proposito di Adriano se conoscessimo Flavio Giuseppe e la guerra giudaica troveremmo anticipazioni sorprendenti degli eventi e dei dilemmi di oggi, ci confronteremmo meglio con quella parte di mondo. Però non lo si fa!-

L.C. – Ritornando all’ Enigma…..  finalmente il nostro Adriatico ritornerebbe in luce.-

S.R.  – E’ stato al centro degli scambi del mondo mediterraneo, e non solo, per così tanto tempo! –

L.C.  – Cerco di rivitalizzare Ancona, le Marche e tutto il medio Adriatico  nel mio piccolo…e poi vogliamo mettere la storia della bellissima e giovanissima Cleopa Malatesta ,  un giallo dai contorni affascinanti. Un assassinio impunito nel centro del Peloponneso.  Non era di Ancona ma di Rimini…-

S.R.  – Eh già!…. Ma Ancona e’ stata importantissima!  Aveva un ruolo centrale tra Oriente e Occidente. Da Ancona parte la Crociata, in Ancona sbarca Tommaso l’ ultimo degli eredi al trono bizantini , gli Anconetani hanno un ruolo fondamentale nella difesa della città, una comunità che a Bisanzio era amplissima, mercantile ma anche intellettuale , c’è questo console : Benvenuto d’ Ancona , che sto cercando di approfondire ,  che ci svela anche l’ importanza che la comunità anconetana aveva all’ interno di questo affascinante mondo orientale. Nel commercio, sappiamo, viaggiano le storie, le figure, viaggiano i canti….-

L.C.  – E sappiamo quanti libri hanno viaggiato in Adriatico. Platone non lo leggeva nessuno sino a Marsilio Ficino  –  ecco che m’ infiammo, cerco di star calma alla fine ma non ce la faccio: – sa,  io sono figlia e nipote di commercianti del porto di Ancona e per la nostra famiglia il commercio ha sempre significato  scambio di culture. –

S.R.  – Senza, si resterebbe al chiuso della propria tradizione, invece le innovazioni partono dal commercio, dalla conoscenza delle altre forme di umanità, pensi ai pittori e ai colori , forme visive e artistiche, forme di vita, maniere di vivere e di profumarsi, di abbigliarsi. Pensi al ritratto di Battista Sforza. Ma vogliamo parlare di quell’ altro genio che era Federico da Montefeltro?


L.C.  –  Ops… se lo so! Studiando la sua biografia  all’ università come corso monografico ne ero talmente affascinata che  mi dicevo che forse era l’ unico uomo interessante che mi sarei sposato-

S.R.  – E’ la rappresentazione della forza che l’ Occidente può offrire all’ Oriente. Mai come nel Rinascimento questi due mondi si sono fusi , un Oriente con un sapere superiore che cede all’ Occidente  in una comunione perfetta, paritaria. E il tempio malatestiano di Rimini ne è il massimo esempio. –

L.C.  – Ho scoperto che Piero della Francesca soggiorno’  per qualche tempo in Ancona e lì diede dei ragguagli al nostro pittore del Rinascimento che è Nicola di Maestro Antonio, un pittore dimenticato completamente dalla comunità anconetana, si figuri che i quadri più importanti sono a Pittsburgh o a Oxford, e’ rimasto qualcosa a Jesi ma nessuno ci fa caso,  questo lo stato dell’ arte al momento. Ma ritornando a Piero, chi era veramente? –

S.R.  – Era un iniziato dell’ Accademia Platonica.-

L.C. – E dove si trovava quest’ Accademia ? –

S.R. –C’erano varie sedi all’inizio, probabilmente la prima fu A Rimini. Piero appartenne, sembra, a quella di Forlì, dove venne iniziato anche Thomas Bodley, da cui il nome della biblioteca di Oxford, la Bodleian Library.

Era una rete internazionale dove la struttura dell’ insegnamento esoterico neoplatonico, neopitagorico, non scritto, comprendeva anche personaggi del calibro di Bessarione, Pletone e molti altri, tra cui , appunto, anche Piero della Francesca.

L.C.  – E la tavola di Piero…-

S.R.  – Era un messaggio, che aveva a che fare con la politica, anzi un’ esortazione. Decisamente una esortazione alla politica nel senso costruttivo della Paideia greca che e’ fatta di coscienza spirituale e di lavoro di costruzione collettiva e comune . Ed è chiaro che dal momento in cui c’è un’ etica, c’è anche una visione non dico necessariamente metafisica ma comunque filosofica del mondo che non può’ non essere politica. –

L.C. – Quindi la figura dell’ intellettuale…..-

S.R.  – La figura dell’ intellettuale deve cercare di moderare gli estremismi, deve agire e far agire secondo coscienza, una coscienza morale che non può non provenire dalla conoscenza. Piero della Francesca era un intellettuale poliedrico, un matematico, un geniale scienziato oltre che pittore. Un uomo intelligente e libero, al servizio di nessuno. Era eventualmente al servizio di un servizio, nel senso che voleva servire a una coscienza comune insieme ad un circolo di persone che facevano parte della comunità intellettuale che avrà poi la più nota espressione nell’ Accademia Platonica di Firenze. –

L.C.  – E questa coscienza può essere ancora più elevata, giusto? –

S.R. Pensiamo alla psicoanalisi e all’ idea di un mistero non trascendente ma immanente, l’ inconscio, il mistero, chiamiamolo così, dentro di noi. Non possiamo trasferire i contenuti che non ci sono chiari in una chiave di lettura accessibile a tutti ma possiamo comunque accedere all’ idea generale  di un’anima mundi , che è poi quella che impronta il neoplatonismo rinascimentale e che oggi la scienza sembra voler rimettere in gioco. Una universalità animata, un intelligenza collettiva da cui è possibile risalire ai singoli aspetti della natura di cui fanno parte le piante, gli animali e gli esseri umani.

Ci alziamo, la presentazione di Sinesio sta per cominciare.

L.C.  – Un’  ultima domanda, che esula da tutti resto,  lo so.  Di che segno è? –

S.R.  – Dei Pesci –

Sorrido. Lo immaginavo .E’ Il segno delle persone spirituali, dei mistici.

 

 

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